lunedì 3 settembre 2007

Compagnia del Piagnaro - Pontremoli (MS)



La Compagnia Del Piagnaro è un'Associazione libera, apartitica ed aconfessionale di carattere sportivo dilettantistico, ricreativo, culturale e senza scopo di lucro.Si è costituita in data 7 maggio 2005 grazie all'iniziativa di numerosi privati e delle seguenti associazioni: Confesercenti di Pontremoli, ACLI di Pontremoli, PRO LOCO di Pontremoli, CRAL Endas Ospedalieri, Centro Lunigianese Studi Giuridici, Comune di Pontremoli, Associazione Musicale Lunigianese. La C.D.P. si propone le seguenti finalità: riscoprire le tradizioni storiche, culturali, folcloristiche e sportive dilettantistiche;sviluppare relazioni, scambi fra i Gruppi in occasioni di manifestazioni storico culturali, folcloristiche e sportive dilettantistiche;avviare un'ampia propaganda delle Antiche tradizioni medievali nelle scuole;sviluppare la conoscenza dell'arte del folclore ed ogni espressione della cultura popolare;organizzare manifestazioni di ogni genere per indirizzare l'utilizzazione del tempo libero a fini culturali, ricreativi, sociali e sportivi e sostenere e favorire l'attività sociale di aggregazione fra i singoli soci e tesserati per stimolare e sviluppare i migliori sentimenti e la formazione di tutti.



L' associazione è comprensiva di diversi gruppi:



- Sbandieratori


- Musici


- Arceri


- Armigeri


- Danzatrici




SBANDIERATORI
La presenza della bandiera tra le truppe comunali era il segno dell'orgoglio cittadino ed esprimeva un'esigenza tattica, come punto di riferimento durante il combattimento. Lo scambio e il movimento delle bandiere ricorda il momento del pericolo, quando si deve evitare che il nemico se ne impadronisca. Se l'alfiere, sebbene giovane e forte, può essere sopraffatto, la bandiera deve essere salva. Di tutto questo oggi e rimasto l'aspetto estetico e lo spettacolo, che determinano un'atmosfera di festa di cui e protagonista una gioventù che è marziale senza durezza, elegante, nobile e forte, salda e vibrante. Il Gruppo degli "Sbandieratori della Compagnia del Piagnaro" è in grado di disporre di otto sbandieratori operanti in costume, in grado di svolgere singoli, coppie, trii ecc... sino alla piccola e grande squadra.



LINK

http://www.compagniadelpiagnaro.it/

Commenti

Il gruppo presenta una tecnica e un'organizzazione professionale e di grande impatto e si distingue per la giovane età dei suoi componenti, che donano inoltre un irresistibile tocco di simpatia e dinamismo all'associazione. I costumi sono belli e di buona fattura, così come le bandiere e gli strumenti musicali. La manifestazione Medievalis è ben curata anche se a mio parere sarebbero necesseri alcuni accorciamenti della parte con i balletti, troppi, troppo lunghi e quasi tutti uguali. Voto 10+

Nota personale: sono un gruppo di persone gentilissime e squisite, sono contento della nostra amicizia

domenica 1 luglio 2007

1000 Miglia

Storia
La corsa venne ideata come unica gara e organizzata dai conti Aymo Maggi e con l'aiuto dell'eclettico Renzo Castagneto dotato di ottime capacita' organizzative, in risposta alla mancata assegnazione a Brescia, loro città natale, del Gran Premio d'Italia. Insieme a Franco Mazzotti primo finanziatore. Fu scelto un percorso a forma di "otto" da Brescia a Roma e ritorno, su una distanza di circa 1.600 km (corrispondenti a circa mille miglia, da cui il nome). Solo dopo la fine della Mille Miglia si decise, visto l'enorme successo, di ripetere questa stupenda follia. Nelle successive edizioni il tracciato fu modificato per tredici volte. La prima edizione partì il 26 Marzo 1927, con la partecipazione di settantasette equipaggi, due soli dei quali stranieri (al volante delle piccole Peugeot 5 HP spider). Ventidue vetture furono costrette al ritiro e cinquantacinque portarono a termine la corsa. I vincitori - Ferdinando Minoia e Giuseppe Morandi - a bordo di una OM, completarono il percorso in 21 ore, 4 minuti, 48 secondi e 1/5 alla media di Kmh 77,238.
La corsa fu interrotta nel 1940 a causa della partecipazione dell'Italia alla seconda guerra mondiale
. La corsa riprese alle 14.00 del 21 Giugno 1947 con la vittoria di Biondetti in coppia con Romano sulla poderosa e potentissima "Alfa Romeo 8C 2900B <> berlinetta Touring" in 16 ore 16 minuti e 39 secondi. Ma il recod assoluto se lo aggiudicò il famoso pilota inglese Stirling Moss che nel 1955 percorse i 1600 km in 10 ore e 8 minuti, al volante di una Mercedes 300 SLR numero 722. Si narra che il suo navigatore Denis Jenkinson compì una ricognizione del percorso, annotandone le caratteristiche su un rotolo di carta lungo quattro metri e mezzo che usò per dirigere Moss durante la gara.
Nel
1957 un fatale incidente avvenuto presso Guidizzolo in provincia di Mantova, e causato dallo scoppio di uno pneumatico, costò la vita al pilota spagnolo Alfonso de Portago, al navigatore americano Nelson, e ad undici spettatori (fra cui cinque bambini). La corsa venne definitivamente sospesa. A seguito dell'incidente Enzo Ferrari, costruttore della vettura coinvolta nell'incidente, subì un processo che durò alcuni anni dal quale uscì assolto.
L'Automobile Club di Brescia effettuò un tentativo per dare continuità alla corsa e nel
1958, nel 1959 e nel 1961, di fronte alla irremovibilità delle autorità che non concessero i nulla-osta necessari per le corse di velocità su strada, organizzò tre edizioni ancora denominate Mille Miglia ma disputate secondo una formula che prevedeva brevi tratti di velocità alternati a lunghe tratte di trasferimento da percorrere alla velocità media di 50 Kmh (con penalizzazione per gli eventuali ritardi).
La Mille Miglia rese famosi in tutto il mondo marchi di auto Gran Turismo
, come la Alfa Romeo, la Lancia e la Ferrari. Dal 1977 il nome Mille Miglia è stato ereditato dalla Mille Miglia Storica, una parata e gara di regolarità di auto d'epoca prodotte prima del 1957 che ricorda una vera e propria rievocazione storica. La gara si svolge su un percorso Brescia - Roma e ritorno simile a quello originario, con partenza e arrivo nello stesso punto della città in cui avvenivano nella gara tradizionale (allora Viale Rebuffone, oggi Viale Venezia).

Link utili
http://www.millemiglia.it/













lunedì 23 aprile 2007

La liberazione di Greve in Chianti - La strada del cuore 2007

Storia

Il 25 luglio 1943 era domenica, una bella giornata d'estate. Il cinema A.Boito di Greve era gremitissimo, quando alcuni paesani, timidamente sorridenti, entrarono nella sala annunziando la caduta di Mussolini. La programmazione venne interrotta, si accesero le luci e la gente si riversò all'aperto a commentare la notizia: tutti avevano nell'animo la speranza di una rapida fine della guerra. Il giorno dopo alle finestre apparve il tricolore e comparvero anche sui muri delle scritte inneggianti al Re, alla libertà, a Badoglio nonché scritte di natura politica che furono fatte subito cancellare, su invito del prefetto, dal Comune. Ma non fu impedita la scalpellatura degli emblemi fascisti esistenti sul palazzo municipale, sulle scuole, sulla casa del fascio, sul monumento ai caduti. Furono tolti anche i fasci impressi nella ghisa delle fontane pubbliche."Caduto il regime - scrisse Don Corrado Raspimi, parroco di Cintola Alta, nella sua Cronaca dell'emergenza - la gente si dette a ...a dispetto della carestia con crescendo fino al dì 8 settembre. La sera di quel giorno si sentì un gran vociare intorno alla collina. Mi affacciai - Signor pievano, suoni le campane, c'è la pace! Dopo mezz'ora la chiesa era gremita: mi si pregò di cantare il Te Deum-(...) poco dopo laggiù per la strada, ridevano, cantavano, gridavano e saltavano come matti. Alcuni giorni dopo, motociclette biciclette, cavalli montati, cavalli senza cavaliere, uomini in divisa, soldati senza fucili, chi con uno, chi anche con due, scorrazzavano da tutte le parti. Era il capitombolo da tutti previsto e il crollo di tutte le bugie dette dal 24 maggio del 1915 ad oggi".
Intanto sui monti intorno a Greve si andavano formando gruppi di partigiani. Particolarmente numeroso era quello stabilitosi in alcuni rifugi sotto Montemoggino sul . massiccio del Monte Scalari. Particolarmente dura per la comunità grevigiana fu l'estate del 1944 per il passaggio del fronte sul territorio. Da parte delle truppe germaniche si ebbero tre rappresaglie: a Pian d'Albero; alla fattoria di Querceto a Dudda; alla Villa Buonasera alla Panca. Nella prima vi furono 4 partigiani caduti in combattimento e 18 impiccati; nella seconda 7 fucilati e nella terza 5.
Per quest'ultima rappresaglia, solo dopo la liberazione del Comune i familiari seppero dell'accaduto e piansero i loro cari: Corinto Burgassi, Fedele e Ferdinando Vettori, Natale Picaneti e Livio Contri. A questi vanno aggiunti altri 12 caduti passati per le armi fra il 24 ed il 28 luglio. Nella mattinata del 24 luglio le prime pattuglie alleate entrarono in Greve. Due giorni dopo si insediò, nei locali della cooperativa Italia Nuova tra gli operai di Greve, il Comitato di Liberazione Nazionale (C.L.N.) composto da Carlo Baldini, Emilio Ciucchi,. Forese Donati, Tertulliano Favalli, Gino Mori e Giovanni Mugnaini. Ripresero prontamente servizio tutti i dipendenti comunali; vennero riaperte le banche, gli uffici postali, l'esattoria e tesoreria comunale, il consorzio agrario e molti negozi. La popolazione, precedentemente sfollata, rientrò in massa nel paese, anche perché il giorno prima le campane della chiesa avevano suonato a distesa per circa mezz'ora, con intervalli di cinque minuti. Le quattro campane furono suonate soltanto dal proposto Don Alessandro Ferretti e da Carlo Baldini, poiché nel paese erano rimaste pochissime persone e per di più quasi tutte invalide. Al suono delle campane di Greve risposero quelle delle chiese delle parrocchie che erano state liberate: i tedeschi udirono questo suono di liberazione. Su invito pressante del capitano delle Guardie Scozzesi R.W. Burkley, governatore militare della zona, il 27 mattina si riunì il C.L.N. per designare il sindaco. L'assemblea decise di designare il dott.cav. Italo Stecchi, farmacista del paese e già sindaco del Comune varie volte prima del fascismo. Il nominativo venne presentato, per delega, al governatore da Gino Mori e Carlo Baldini. Ebbe così inizio la nuova vita democratica nel Comune: il fronte passava ancora da Testa Lepre, Testi, Spedaluzzo, Monte Scalari, ossia soltanto la metà circa del territorio comunale era stato liberato; lo stesso capoluogo era ancora soggetto a cannoneggiamenti che durarono fino al 29 dello stesso mese con diurna cadenza. (tratto da www.goticatoscana.it)



La strada del cuore 2007

Per celebrare il 63° della Liberazione della città, dal 20 al 22 Aprile 2007 si è tenuto un grande raduno di veicoli militari d'epoca e figuranti in divisa. Centinaia di persone e almeno 90 veicoli da tutta Italia e anche dall'estero si sono riuniti per ricordare gli eventi storici, visitare i "luoghi della memoria" e rievocare l'ingresso delle truppe nella piazza del comune squassata dalle bombe.

lunedì 16 aprile 2007

Battaglia di Pian dell'Albero

La "22bis Brigata d'Assalto Garibaldi Sinigaglia" (da Alessandro Sinigaglia, il "Vittorio" comandante dei GAP fiorentini, ucciso il 13/2/1944) si era costituita i primi di giugno del '44 e passata la metà del mese contava già un effettivo di circa 400 uomini.
Il 20 di giugno, a seguito di un rastrellamento, i tedeschi scoprirono che in località Pian d'Albero il casolare della famiglia Cavicchi fungeva da centro di raccolta per i giovani che volevano entrare nelle fila partigiane. Varie squadre della "Sinigaglia" tentarono a più riprese di spezzare l'assedio e delle circa 50 reclute oltre metà riuscirono a fuggire.

I partigiani ebbero 20 caduti e i soldati tedeschi fecero 21 prigionieri al casolare, fra i quali anche Aronne Cavicchi di 12 anni ed il nonno Giuseppe, mentre Norberto Cavicchi annumerava fra i partigiani caduti. Vennero portati più a valle in località Sant'Andrea e impiccati. Due di essi, in due diverse occasioni, riuscirono a fuggire.
Dopo questi fatti la "Sinigaglia" subì grosse defezioni e buona parte delle reclute accorse negli ultimi giorni riprese la via di casa, rimasero in meno di 150.



Il monumento ai caduti

La facciata della basilica di San Lorenzo

Tra il novembre e il dicembre del 1515 Leone X, della famiglia Medici, papa da due anni, decise di tornare in visita solenne a Firenze, e in quell'occasione nacque l'idea di indire un concorso per dotare di facciata San Lorenzo, l'incompiuta basilica brunelleschiana patrocinata dai Medici sin dalla fondazione (avvenuta nel 1421), e luogo deputato per le loro sepolture. La proposta cadeva in un momento in cui Michelangelo sembrava volgere una particolare attenzione ai problemi della composizione architettonica: di qui forse l'accanimento dell'artista nel corso della vicenda che lo portò a essere unico autore del progetto finale. Erano con lui, all'inizio, Antonio e Giuliano da Sangallo, Jacopo Sansovino, Baccio d'Agnolo, lo stesso Raffaello.
Sembra che dapprima a Michelangelo fosse affidato soltanto il compito di sovrintendere alla decorazione scultorea, mentre Jacopo Sansovino procedeva a far eseguire a Baccio d'Agnolo un modello ligneo per la facciata, molto apprezzato sul momento, e oggi perduto. Nel corso dell'anno 1516 la contesa per una così prestigiosa commissione toccò momenti di aspra lotta, finché, nell'autunno, Michelangelo ottenne da Leone X l'incarico anche per la progettazione architettonica della facciata. Liberatosi finalmente dei concorrenti, egli risolse genialmente il problema che sempre assillava gli architetti del Rinascimento, quando si dovevano applicare correttamente gli ordini classici alle facciate irregolari delle chiese a pianta basilicale: nascose, e fece dimenticare, la struttura esterna della chiesa dietro lo scenario laico di uno splendido palazzo privato.
La progettazione michelangiolesca della facciata attraversò tre fasi principali, che si possono individuare in tre disegni della Collezione della Casa Buonarroti, il 45 A, il 47 A, il 43 A. L'immagine ormai precisata di quest'ultimo foglio si tradusse con ogni verosimiglianza nel grande modello ligneo della Casa Buonarroti che rispecchia il passaggio dalla fase progettuale all'iter esecutivo, fissato nel contratto stipulato tra Leone X e l'artista il 19 gennaio 1518. Il 10 marzo 1520 Michelangelo stesso registra la rescissione del contratto, anche se solo per quanto concerne la fornitura del marmo, e il materiale fino ad allora raccolto viene destinato a pavimentare la chiesa di Santa Maria del Fiore. Ma l'attività del cantiere continua, pur se a rilento, e se ne hanno testimonianze certe fino all'aprile del 1521.
In quell'anno morì Leone X; dopo il breve pontificato di Adriano VI ascese al soglio papale, nel novembre del 1523, Clemente VII, anch'egli un Medici, che palesò più di una volta l'intenzione di riprendere i lavori della facciata. Soltanto la sua morte (1534) esaurì per sempre ogni possibilità di realizzare il grande e tormentato progetto.


In occasione dei festeggiamenti in memoria di Anna Maria Luisa de Medici, Elettrice Palatina, e ultima discendente dei Medici, colei che ebbe consegnò il meraviglioso patrimonio della sua famiglia alla città e non ai Lorena che governavano in quel tempo Firenze, è stata illuminata la facciata della basilica con immagini del progetto originale di Michelangelo ed è stata donata una colonna progettata dall'artista, proveniente dalle cave delle Alpi Apuane, conservata presso la Fondazione "Teseco per l'arte" Pisa.


martedì 27 febbraio 2007

Poppiano (FI)

Il Castello di Poppiano, di origine romana e che deriva il suo nome dalla gens Papia o Poppeia, era una possente costruzione medioevale con un triplice giro di mura costruito intorno all' anno mille come fortezza a difesa esterna di Firenze.Feudo prima degli Alberti, appartenne fin dal secolo XIII ai Guicciardini, che si ritenevano originari della Popiana Castella; infatti Ugolino Verino nel suo libro De illustrat. Urbis. Flor. al libro III, parlando della prosapia Guicciardiniana, ripeteva la tradizione di coloro che la supponevano originaria di cotesto Poppiano, cantando così:

Quamquam alii primas sedes a flumine
Pesae
Ac Popiana trahant veteres castella colonos
Nobilis et prisca est, longeque potentia
durat.

Comunque, come si rileva da un atto di eredita' del 1199, appartiene alla famiglia da almeno nove secoli.Il castello per la sua posizione dominante sulle vali della Pesa e dell'Elsa, fu teatro di importanti avvenimenti storici.

In questo lungo periodo fu al centro di alterne vicende legate alla storia di Firenze: dalle scorrerie di Castruccio Castracani al sacco del castrum di Poppiano ad opera delle truppe di Giovanni Acuto (John Hawkwood, il famoso Condottiero di Ventura Inglese) nel 1369 dopo la battaglia di Fosso Armonico, vicino a Cascina. Il Castello fu rovinato nel 1529 da Maramaldo durante l'assedio di Firenze, come ricorda Francesco Guicciardini nelle Memorie. Il Castello come si presenta oggi, pur mantenendo la antica imponenza, e' frutto del restauro basato su immagini in affreschi esistenti in altre ville dei Guicciardini in Val di Pesa e Val d'Elsa, a seguito dei danni provocati da un terremoto nel 1812.
Se la violenza dell'assedio e delle guerre non risparmiò Poppiano, pure esso fu centro di villeggiatura di personaggi come Vincenzo borghini che qui soleva incontarsi con i fiorentini più colti dell'epoca, come testimonia il carteggio con il Vasari, dal momento che lo Spedale degli Innocenti aveva una villa dove gli spedalinghi si recavano a passare l'autunno.

I Guicciardini fin dal 1200 ebbero una posizione di rilievo nella vita politica, sociale e economica di Firenze e nel 1416 Piero G. fu nominato "Conte Palatino" dall'Imperatore Sigismondo del Lussemburgo. Essi parteciparono attivamente alla vita pubblica di Firenze cui fornirono 44 "priori", 16 "gonfalonieri di giustizia" e 12 senatori.
La personalita' preminente della casata fu Francesco, lo Storico (1483-1540) che, dopo aver coperto importanti incarichi con i Medici - ambasciatore in Spagna, Governatore di Modena e Reggio, Capo della Lega di Cognac - si ritiro' a Firenze e a Poppiano dove scrisse parte della sua opera piu' nota, la "Historia d'Italia".


In origine a Poppiano vi erano due chiese: San biagio e San Nicola, poi unificate.
La chiesa col doppio titolo divenne priora nel 1689: la presenza sul portale di due stemmi dei Guicciardini testimonia il patronato di questa famiglia sulla chiesa che da essi venne dotata di arredi liturgici. Allo stesso periodi si può far risalire la restaurazione della chiesa.
Altra famiglia nobile, originaria di Poppiano, erano i Ridolfi di Piazza la cui arme è scolpita sul ciborio in marmo accanto all'altare maggiore ornato di un bel Crocifisso in legno.

venerdì 9 febbraio 2007

Volterra (PI)



STORIA:
L'antica città di Volterra fu fondata su un colle di 545 metri che divide la val di Cecina dalla val d'Era e dista circa 80 km sia da Firenze che dal mare. Lontana dalle coste e dalle incursioni piratesche ma dominante sul territorio circostante, questa posizione ha reso strategicamente importante il borgo fin dai tempi antichi. I primi insediamenti umani risalgono già al Neolitico, ma lo sviluppo vero e proprio dell'abitato arrivò nel VII secolo a.c. con le popolazioni etrusche, che battezzarono il luogo "Velathri", facendolo diventare uno dei dodici centri più rilevanti della loro civiltà. Il villaggio raggiunse al tempo una popolazione stimata intorno alle 25.000 unità - cifra esorbitante se si considera che attualmente la città conta 13.000 abitanti - e fu chiuso all'interno di una cinta muraria lunga oltre 7 km che lo reso inespugnabile e riuscì a crescere e a sviluppare una fiorente economia.

L'indipendenza del borgo durò fino al III secolo a.c., quando tutta l'Etruria fu conquistata da Roma. Seguirono secoli di calma, fino al periodo delle invasioni barbariche, quando il paese fu occupato prima dagli Eruli, poi dai Goti e successivamente dai Longobardi che lo amministrarono fino a quasi la fine dell'VII secolo.

Nel Duecento Volterra assunse un assetto comunale, dando il via alla costruzione dei monumenti che ancora oggi ne costituiscono il patrimonio storico e artistico.
Nel Quattrocento entrò nelle mire della Firenze medicea di Lorenzo il Magnifico che, per dare ai Volterrani un segno tangibile della propria supremazia e ai Senesi un monito concreto, fece ampliare la Rocca Vecchia con la costruzione di una poderosa Rocca Nuova, ancora oggi monumentale costruzione che domina la città. Nel 1530, in un'ultima disperata speranza di riacquistare le libertà perdute, Volterra si ribellò ai fiorentini in guerra con i Medici, alleandosi con questi ultimi, ma fu ripresa e nuovamente saccheggiata dal Ferrucci. Restaurati i Medici a Firenze, Volterra perse definitivamente la propria indipendenza, e divenne una delle città dello stato mediceo di cui seguì le sorti; ma con il dominio granducale inizia per Volterra e il suo territorio un perido di lenta ma progressiva decadenza che si protrarrà fino a tutto il XVIII sec.

Verso la fine del XVIII sec. e nella prima metà del XIX sec. si registrano incrementi nell'agricoltura, nella commercializzazione dell'alabastro e un decisivo miglioramento nei collegamenti viari mentre l'abitato urbano è oggetto di un generale adeguamento e riordinamento.
Nella seconda metà del secolo, dopo l'unità d'Italia, a parte alcune ristrutturazioni degli spazi all'interno del centro storico per far posto agli uffici del nuovo regno, l'intervento di maggior rilievo è la creazione dell'ospedale psichiatrico (1888). Infine il 13 marzo 1860 con 2315 voti favorevoli, 44 dispersi e 78 contrari Volterra vota la sua annessione all'Italia unita, pagando il suo contributo di sangue sia all'edifiazione dell'unità nazionale nella guerra 1915-18 sia alla lotta di resistenza contro il fascismo. In passato l'economia del territorio si basava soprattutto sulla estrazione del rame, dell'allume, dell'alabastro e del sale che venivano lavorati nelle manifatture volterrane ed esportati. Oggi, con l'emigrazione avvenuta nel secondo dopoguerra, l'industria si basa su piccole aziende artigianali per la lavorazione dell'alabastro, sull'estrazione del salgemma, su qualche industria metelmeccanica e chimica; la popolazione residente dalle 17.840 unità nel 1951 è scesa a 13.800 nel 1991.

DA VEDERE:

Piazza dei Priori - Il terreno sul quale nel periodo comunale sorse il cuore della vita cittadina era di pertinenza del vescovo, che vi esercitava la sua giurisdizione, ne regolava l'attività mercantile, riscuoteva le tasse e si identificava con il prato vescovile, in origine prato del re. E il comune, appena sorto, cercherà di sostituirsi all'autorità vescovile in queste funzioni, dettando, a sua volta, leggi e statuti. Intorno alla spiazzata del Prato incominciarono a sorgere le torri e la prime abitazioni e sulla vasta spianata fu piantato, all'uso tedesco, un olmo, sotto il quale si radunavano abitualmente i consoli e gli anziani per discutere e legiferare.

Palazzo dei Priori - Edificato dal maestro Riccardo nel 1239 come recita l'iscrizione vicino al portale d'ingresso, presenta la forma di un parallelopipedo. La facciata, percorsa da tre file di bifore, tra i quali è inserita l'unità di misura del comune, la canna volterrana, è infiorata dagli stemmi inghirlandati robbiani dei magistrati fiorentini del XV-XVI sec.
Ai lati, i due pilastri sormontati dai due marzocchi sorreggenti lo scudo fiorentino furono aggiunti nel 1472, quando il palazzo divenne sede del capitano di giustizia, a simboleggiare il dominio fiorentino sulla città. Il palazzo è sormontato da una torre pentagonale che dopo il terremoto del 1846 ebbe l'attuale coronamento dall'architetto Mazzei, che operò altri interventi negli edifici prospicienti la piazza. All'interno, decorato dagli stemmi di capitani fiorentini, sono conservati una Crocifissione e Santi, affresco di Pier Francesco Fiorentino che dipinse anche l'altra Crocifissione nell'anticamera del sindaco, mentre la Vergine con il Bambino è attribuita a Raffaellino del Garbo. Nella sala del Maggior Consiglio, decorate con scritte e stemmi nel XIX sec., spicca l'affresco riportato su tela dell'Annunciazione fra Santi Cosma e Damiano e San Giusto e Ottaviano di Jacopo di Cione e Nicolò di Pietro Gerini. Nella parte destra tela lunettata raffigurante le Nozze di Cana di Donato Mascagni, XVI sec.. Nella sala attigua detta della Giunta: tavola raffigurante Persio Flacco di Cosimo Daddi, un affresco monocromo riportato su tela riproducente San Girolamo, due piccole tele raffiguranti Adorazione dei Magi di Giandomenico Ferretti (XVIII sec.) e Nascita della Vergine di Ignazio Hugford, una tela con il Giobbe di Donato Mascagni. Nella controparete: sinopia dell'affresco dell'Annunciazione esistente nella sala del Consiglio: intorno, postergali lignei finemente intarsiati del XV sec., provenienti dal Monte Pio.

Palazzo Pretorio - Formato da più corpi di fabbrica e ridotto allo stato attuale nel XIX sec., fu sede dei Podestà e dei Capitani del Popolo. Sulla torre, concordemente ritenuta una delle più antiche della città, sopra una mensola è la figura di un porcellino da cui il popolare nome dato alla Torre. Sarebbe questo un omaggio degli abitanti di Volterra ad un animale così comune nelle campagne circostanti e così importante per l’alimentazione e per l’economia soprattutto in epoca medievale (anche se sono tuttora molti i piatti tipici a base di cinghiale).

Piazza San Giovanni - Se la Piazza dei Priori è fin dall’età comunale il centro della vita politica cittadina, la piazza di San Giovanni è il fulcro della vita religiosa. Questa separazione tra spazi del potere temporale e spirituale è una caratteristica della pianta urbanistica di molte città medievali, soprattutto in Toscana.

Duomo - Dedicata all'Assunta, la cattedrale fu ricostruita intorno al 1120 su una preesistente chiesa dedicata a Santa Maria. La facciata a salienti è divisa orizzontalmente da una cornice a trecce e fiori mentre verticalmente è ripartita in tre comparti da forti lesene quadrangolari di tipo lombardo. L'inserzione del portale marmoreo con la lunetta a tarsie geometriche, formato da materiale di sfoglio di epoca romana, è da riportarsi al XIII sec. quando tutta la fabbrica viene ingrandita e adornata, secondo il Vasari, da Nicola Pisano. L'interno, pur conservando nella struttura e nell'impianto la forma romanica a croce latina, a tre navate, per i continui rifacimenti avvenuti nel corso dei secoli, offre, in particolare sulla linea delle navate, un aspetto tardo-rinascimentale. La sua struttura si innesta alla parte posteriore del Palazzo dei Priori.

Battistero - Di fronte al Duomo sorge il Battistero, di pianta ottagonale, costruito nella metà del ‘200, che all’interno custodisce una bella fonte battesimale opera del Sansovino. La cosa che sorprende osservando il Battistero dall’esterno è la somiglianza della cupola con quella della chiesa di Santa Maria del Fiore a Firenze; sembra infatti che sia stato proprio Brunelleschi nel XV secolo a dare dei consigli sulla sua costruzione, dopo aver progettato la copertura del duomo fiorentino.


Fortezza - Costruita sul punto più elevato del colle volterrano, questa imponente fortificazione è costituita da due corpi di fabbrica, la Rocca Vecchia e la Rocca Nuova, uniti insieme da una doppia cortina, coronata da un ballatoio detto Cammino di Ronda.
La costruzione più antica risale al 1343 ed è caratterizzata da una torre di forma semiellittica, detta la Femmina, attribuita al Duca d'Atene. La Rocca Nuova fu invece fatta innalzare da Lorenzo de' Medici sul luogo dove era collocato il Palazzo dei Vescovi, distrutto dai Fiorentini durante il sacco del 1472. E' una fortificazione colossale a pianta quadrata da cui svetta il Mastio, un torrione alto quasi il doppio delle quattro torri angolari. Vera e propria cittadella fortificata, si presenta in ottime condizioni grazie ai recenti restauri, ma non può essere visitata poichè è sede di un carcere.

Porte - La cinta medievale volterrana fu edificata nel secolo XIII. Iniziata, al sorgere del secolo durante il regime consolare, come rifacimento e rafforzamento della muraglia etrusca, fu proseguita metodicamente fino al 1254, anno in cui i fiorentini imposero con le armi il costituto popolare e il governo di parte guelfa. Nel 1260 il regime ghibellino, succeduto a quello guelfo, constatata la vulnerabilità del sistema difensivo volterrano dovuta al troppo esteso perimetro del circuito etrusco, ingaggiò quaranta maestri di pietra finché la città non fosse completamente murata: iniziato nell'autunno del 1260, il lavoro fu portato a termine nel giro di pochi anni. Ben 8 porte si aprono nella cinta:

Porta all'Arco, etrusca, inserita nel ricorso delle antiche mura del V sec. a.C., deve senza dubbio la sua conservazione al suo utilizzo nella cinta medievale cittadina del XIII sec.. La costruzione di questa porta sembra si debba riferire a tre epoche diverse: i fianchi formati da blocchi rettangolari come le mure e a queste contemporanei, mentre gli archi, in tufo sembrano una ricostruzione avvenuta dopo l'assedio di Silla (80-82 a.C.). Di incerta collocazione le tre teste poste a decorazione dell'esterno, che potrebbero evocare sacrifici di vite umane nella conservazione di nuove costruzioni, o un ricordo del costume di affiggere alle porte le teste tagliate dei nemici vinti. Forse potrebbero rappresentare Giove e i Dioscuri, oppure la Triade Capitolina, Giove Giunone e Minerva.

Porta a Selci, a semplice arco a tutto sesto, fu costruita nel XVI sec. in sostituzione della più antica, detta anche del Sole, rimasta interrata per gli ampliamenti della Rocca Vecchia nel XV sec.. Da porta a Selci si diramavano le strade verso il territorio Senese. Molto interessanti le targhe commemorative poste accanto a questa porta, che ricordano la presenza dei Volterrani in quasi ogni evento bellico a partire dall'Unità d'Italia alla lotta di Resistenza contro il nazifascismo.


Porta Marcoli, costruita, forse, nel XIV sec., metteva in diretta comunicazione con il monastero olivetano di S. Andrea (oggi Seminario) e serviva di comodo accesso agli agricoltori della campagna circostante.

Porta di Docciola, costruita nel XIII sec. metteva in comunicazione la città con la vallata circostante, ricca di acqua e lussureggiante di vegetazione. La porta conserva le strutture caratteristiche delle porte volterrane del XIII sec. con un arco interno ed esterno a tutto sesto e con all'interno un arco ogivale entro cui si svolge un arco ribassato o scemo.


Porta Fiorentina, detta anticamente di S. Agnolo per la vicina chiesa dedicata all'arcangelo, offre la stessa struttura architettonica delle porte volterrane, anche se sono visibili evidenti rimaneggiamenti eseguiti nel XVI sec., quando la porta, durante l'assedio del 1530, fu colpita nella torre sovrastante dove era racchiuso un deposito di munizioni. Da questa porta si diparte la via per Firenze, attraverso l'Era, Castagno, Gambassi, e Castelfiorentino.


Porta San Francesco, detta anche di Santo Stefano o Pisana, perché attraverso la Val d'Era portava a Pisa. È l'unica porta che conserva nella volta tracce di affreschi che, come sappiamo, erano presenti in tutte le porte di accesso alla città. All'interno, a destra, è scolpita la canna pisana, unità di misura leggermente più lunga di quella volterrana, scolpita sulle facciate del Palazzo dei Priori.

Porta San Felice, costruita da un solo semplice arco a sbarra che si appoggia a due tronchi disgiunti di mura castellane, anomala rispetto alle altre porte cittadine, offre insieme alla cappellina del santo con il campanile a vela, e lo sfondo di orizzonte, che si offre all'infinito verso il mare, un quadro quanto mai pittoresco rendendolo uno dei luoghi più suggestivi della città.

Porta Diana, fuori della cinta delle mura medioevali, in direzione della Val d'Era, oltre il cimitero comunale, si trova quello che rimane di questa porta etrusca. Il tempo non è riuscito a distruggere la porta che collegava la città con la principale necropoli etrusca.

Acropoli - È una vasta area in Piano di Castello dove attraverso varie stratificazioni è possibile leggere la nascita e lo sviluppo della città, a partire dalla preistoria fino al secolo XV. Ben visibili appaiono le fondamenta di due edifici, identificati come templi A e B separati da una strada intertemplare che circonda e delimita in parte il luogo cultuale.
Resti di abitazioni di età ellenistica, un complesso sistema di cisterne fra cui la cosiddetta Piscina, impianti di torri medievali e strade poggianti su fondamenti più antichi, lo sterminato paesaggio che va dal Mar Tirreno agli Appennini rendono questo luogo uno dei più interessanti e piacevoli della città.

Teatro Romano - Fatto edificare in età augustea dalla famiglia Caecina, sul tipo degli odeon greci, cioé sfruttando il declivio del colle, vi si accedeva dalla zona del foro (chiesa di San Michele "in loco a foro") attraverso sistemi scalari, oggi non più visibili per il persistere delle mura medievali sul muro perimetrale della summa cavea. Resta il piano con tre grandi esedre da dove attraverso scale coperte si scendeva al criptoportico e quindi all'ima cavea dove sono ben visibili le file di sedili dei settori centrali in tufo di Pignano e gli "itinera scalaria" cioè i gradini di accesso ai posti in pietra di Montecatini.

FESTE E TRADIZIONI:

ASTILUDIUM - Viene dal latino medievale (HASTA = bandiera, LUDUS = gioco, festa), da qui il nome odierno di ASTILUDIO per una manifestazione nata per far rivivere ai volterrani, ma soprattutto ai numerosi turisti le antiche tradizioni del gioco con la bandiera di cui la Toscana è ricca; una manifestazione a carattere agonistico-coreografico che unisce l'intento di rievocare una antica festa cittadina, con un momento di incontro e di amicizia fra gli sbandieratori volterrani e quelli delle altre città italiane che possono vantare simili tradizioni.
La prima domenica di settembre alle ore 15,15 esatte tutte le campane delle contrade suonano contemporaneamente ed è in quel momento che i quattro cortei provenienti da altrettante porte della città medievale si dirigono in piazza per dare vita al torneo.
Passeggiando per Volterra la prima domenica di settembre sembra proprio di essere ritornati indietro nel tempo di sei secoli fra soldati e balestrieri, cavalieri e madonne, araldi e vessilliferi, bandiere multicolore che volteggiano accompagnate da rulli di tamburi e squilli di chiarine, in una scenografia veramente unica.
http://www.sbandieratorivolterra.it/

L'Omaggio di Primavera - Ha origini antichissime, rifacendosi addirittura ad un rito pagano quando, in occasione dell'equinozio di primavera, il popolo volterrano festeggiava il passaggio dal buio alla luce rendendo omaggio al risveglio della natura dalla lunga pausa invernale mediante l'abbellimento della città con ghirlande di fiori primaverili. Con l'Omaggio di Primavera, il Gruppo Storico Sbandieratori, il Lunedì di Pasqua di tutti gli anni, intende offrire ai numerosi turisti che nel periodo pasquale affollano la città la rievocazione di questo antico rito pagano, con una nota di folclore e di allegria. La manifestazione si svolge al mattino: alle 11,15 il Corteo Storico, composto da una cinquantina di figuranti in costumi medievali, si muove dalla Porta a Selci e, percorrendo tutto il centro storico, arriva in Piazza dei Priori dove dà vita al carosello di bandiere. Numerose coreografie accompagnano l'esibizione degli sbandieratori, alcune delle quali si rifanno a fatti storici avvenuti nella Volterra medievale e rinascimentale.

Volterra A.D. 1398 - E' un'occasione veramente unica per immergersi, quasi per incanto, nella magica atmosfera del Medioevo, in una delle più belle città della Toscana. In quest'occasione nel centro storico di Volterra sarà ricostruita una città medievale del 1398 con mercati, artigiani, musici, giocolieri, popolani e nobili. La città sarà animata da gruppi musicali, teatrali, giocolieri, inseriti in un contesto urbano che conserva ancora ben presenti le tracce dell'antico passato.La manifestazione si svolge, da mattina a notte, nel centro storico di Volterra che, ricco delle vestigia di un antico passato, torna nell'anno del Signore 1398. Dame e straccioni, cavalieri e artigiani, dottori e mercanti, nobili e popolani, frati e giocolieri, musici e artisti, fanno rivivere una giornata di festa in una città toscana alla fine del Trecento. Le contrade cittadine ripropongono gli antichi mestieri. L'ospedale di Santa Maria Maddalena viene ricostruito nel suo antico sito. Gli animali della campagna, la zecca, i musici e i saltimbanchi, gli animatori in costume trecentesco, accompagnano gli ospiti fino al passaggio della ronda che alle 24 chiude la festa. Durante la giornata, nei vari luoghi della città, si svolgono azioni sceniche e interventi musicali. http://www.volterra1398.it/

Alabastro - Volterra è una città d'arte della Toscana, unica ed irripetibile, dove lo stesso paesaggio così mutevole nell'alternarsi delle stagioni contribuisce ad esaltare l'alone di mistero, di solitudine e di romantica tristezza che la pervade.
E' una città di pietra, perché di pietra sono le strade, di pietra sono le sue torri e i suoi palazzi e di pietra sono le sue mura austere. Tutto è fatto di una pietra giallo-grigia, il panchino, da cui spesso affiorano conchiglie di rara bellezza. E di pietra, d'alabastro, è anche il suo artigianato.
La provenienza del nome "alabastro" è certamente egizia e forse deriva dalla città di Alabastron, celebre anticamente per la fabbricazione di vasetti e di anfore destinati a conservare i profumi. http://www.comune.volterra.pi.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/84

LINK UTILI:

http://www.comune.volterra.pi.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1

sabato 27 gennaio 2007

Monteriggioni (SI)

STORIA:

Se si dovesse fare il nome del luogo che più di tutti gli altri riassume le caratteristiche del borgo medievale, la scelta probabilmente cadrebbe su Monteriggioni. La sua configurazione è, infatti, il più significativo esempio di "terra murata" di tutto il territorio senese e tra i maggiori dell'intera Toscana.
Questo borgo sorge a 25 chilometri da Siena, lungo la strada che un tempo era nota come la via Francigena. Fino al XIII secolo non esisteva come borgo, era soltanto una fattoria in collina di proprietà dei signori di Staggia. La Repubblica di Siena, però, intuì l'importanza della sua posizione e decise di acquistarla per costruirvi una roccaforte difensiva che fosse da ostacolo alle avanzate dei nemici Fiorentini. Era il 1203 e, dieci anni dopo, iniziarono i lavori per l'innalzamento della cinta muraria, conclusi nel 1219.

Le porte d'ingresso al borgo, tutt'ora esistenti, erano due:
Porta Romea o Porta Franca (a sinistra) rivolta a Oriente verso Siena,
e Porta San Giovanni o Porta Fiorentina dalla parte opposta, verso Firenze.
La fortificazione permise a Siena di mantenere il possedimento di Monteriggioni ma non fermò naturalmente i tentativi di assalto fiorentini. Il primo di questi ebbe luogo nel 1244, il secondo un decennio dopo e un terzo nel 1269. Ma il borgo riuscì sempre a resistere, creandosi la fama di fortezza inespugnabile. Per circa tre secoli, poi, non si hanno notizie di ulteriori combattimenti, che invece ripresero nel Cinquecento con un nuovo attacco inferto da Firenze e vittoriosamente respinto. Un destino che si ripetè nel 1526 quando ad attaccare fu l'esercito pontificio, alleato dei Fiorentini. Il borgo forse mai sarebbe caduto se a determinarne la sconfitta non fosse intervenuto un tradimento: quello del capitano Giovannino Zeti, che il 27 Aprile 1554, per un tornaconto personale, cedette la fortezza a Firenze senza nemmeno combattere.

Monteriggioni passò poi al Granducato dei Medici, per essere venduto nel corso dei secoli a varie famiglie senesi: dai Golia, ai Batta, ai Visconti, ai Fabbroni, ai Daddi e, nel 1704, agli Accarigi, l'ultimo discendente dei quali passò il vitalizio alla famiglia Griccioli (ancora oggi proprietaria di alcuni possedimenti nelle campagne del circondario). Oggi all'interno dell'antica cerchia muraria, secondo l'ultimo censimento, vivono 43 persone. Un paradiso dove sembra che il tempo abbia mantenuto i ritmi lenti di un passato lontano, immerso nei colori del paesaggio senese, che regalano a questo angolo di Toscana un'atmosfera unica.

DA VEDERE:

Piazza Roma - L'unica piazza del borgo, alla quale si giunge da entrambe le porte di accesso. Lo spazio è stato lastricato negli anni Sessanta con pietre provenienti dalle vicine cave di Rosia, mentre in passato era privo di pavimentazione. Piuttosto ampia ed evocativa, all'estemità è circondata da giardini e orti coltivati ( molto importanti in passato per permettere la sopravvivenza della popolazione anche in caso di assedio) e vi si affacciano edifici che in gran parte sono stati adattati per ospitare i turisti.

Porta Romea - Sorge alla base di un torrione, all'esterno si può notare una targa con la seguente iscrizione: "Nell'anno del Signore 1213, indizione seconda, nel mese di Marzo al tempo del Signore Guelfo di Ermanno di Paganello da Porcari Podestà di Siena, del Signore Arlotto da Pisa, giudice oculato, e di Ildebrando di Usimbardo camerario di Siena, questo castello di Monteriggioni fu iniziato nel nome di Dio e quindi racchiuso completamente da mura con spese e lavori sostenuti in proprio dal popolo di Siena."

Porta San Giovanni - Si apre nelle mura ed è difesa da una delle torri del perimetro fortificato. In entrambe le porte è sicura la presenza delle saracinesche, ovvero spesse porte di legno ricoperte di ferro che venivano azionate tramite carrucole e infatti i due ingressi ancora oggi presentano i segni dei cardini e delle buche causati delle stanghe di chiusura. Sulla porta San Giovanni si possono anche notare i segni del rivellino, un'altra struttura difensiva di forma rettangolare collocata di fronte alla porta e anch'essa dotata di un ponte levatoio o di una seconda porta.

Pieve di Monteriggioni - Sulla piazza si affaccia la chiesa di Santa Maria Assunta, in stile misto romanico e gotico, costruita nel 1219. La chiesa presenta una singola navata molto ampia con volte a vela dove si possono tuttora notare il segno delle antiche capriate. La navata termina con un abside quadrato con volta a crociera, dove è collocato il coro ligneo risalente al XVI secolo. La facciata è policroma, costruita con travertino e pietra serena. Il portale è sormontato da un arco al di sopra del quale sono presenti decorazioni in laterizio. Il campanile risale al XVIII secolo, eretto dal Mecacci utilizzando materiale antico.
All'interno della chiesa si possono ammirare due tabernacoli del XV secolo, un quadro della Madonna di Lippo Vanni, un crocifisso ligneo e la campana donata alla chiesa dalla Repubblica di Siena nel 1298.

Cammino delle mura - E' possibile salire su alcuni tratti di camminamento, dal quale si apre una visuale mozzafiato del territorio circostante.

FESTE E TRADIZIONI:

Innanzitutto da ricordare a Luglio la Festa Medievale "Monteriggioni di torri si corona", ormai alla XIV edizione. Tutte le informazioni su http://www.festadimonteriggioni.it/

Poi, a Ottobre, in onore della Madonna del Rosario, protettrice di Monteriggioni, il borgo accoglie gli ospiti per una grande festa: nella piazza antistante la chiesa, tra bancarelle che espongono prodotti artigianali, terrecotte e ceramiche locali, mentre i residenti offrono le specialità enogastronomiche del posto, tra cui le caldarroste.

La sera della Vigilia di Natale si svolge invece una fiaccolata. Ai partecipanti vengono distribuite fiaccole che illuminano il corteo mentre procede verso la vicina abbazia di Badia Isola, nella quale viene celebrata la Santa Messa. In occasione di questa fiaccolata le mura del castello vengono interamente illuminate da fiaccole a petrolio.

LINK UTILI:

http://www.comune.monteriggioni.si.it/

http://www.monteriggionicastle.com/




giovedì 4 gennaio 2007

Cavalcata dei Magi - 6 Gennaio


Fin dal 1417 è documentata l’esistenza di una compagnia o confraternita di laici, intitolata ai Santi Re Magi, che aveva fra i suoi compiti quello di organizzare con periodicità triennale (dal 1447 ogni cinque anni) una festosa rappresentazione, detta appunto “Festa de’ Magi”, durante la quale veniva fatta sfilare per le vie cittadine la cosiddetta “Cavalcata dei Magi”. Questa era composta da tre diversi cortei, che si riunivano davanti al Battistero e proseguivano uniti fino alla Basilica di San Marco, dove con canti e preghiere veneravano Gesù Bambino.
Della Compagnia dei Magi, detta anche “La Stella”, fecero parte i maggiori componenti della famiglia dei Medici. L’affresco di Benozzo Gozzoli, commissionato da Cosimo il Vecchio nel 1459 per la cappella del suo palazzo di via Larga, offre la più celebre testimonianza visiva della “Cavalcata”, nella quale compaiono i membri della famiglia, compresi Giuliano e Lorenzo. La Compagnia pagò probabilmente questo legame con la soppressione, avvenuta subito dopo la cacciata dei Medici da Firenze nel 1494.

In seguito, anche la Cavalcata dei Magi perse vigore fino ad essere abbandonata. L’iniziativa dell’Opera del Duomo, in collaborazione con l’Associazione “Il Fiorino” e sotto l’auspicio dell’Arcidiocesi fiorentina, contribuisce quindi a far rivivere una delle espressioni più gioiose e vitali della Firenze rinascimentale. Da quando è stata ripristinata, la rappresentazione è diventata una delle maggiori rievocazioni dell’Epifania a livello nazionale, grazie anche al fattivo coinvolgimento dei gruppi folcloristici del Comune di Firenze e degli altri Comuni della Toscana che, attraverso le loro associazioni di figuranti a piedi e a cavallo, hanno ampliato ed impreziosito la manifestazione.

Oggi la Cavalcata, costituita dai Magi e da un corteo di figuranti, parte da piazza Pitti nel primo pomeriggio del 6 gennaio, e dopo aver attraversato il Ponte Vecchio, arriva a piazza della Signoria, unendosi ai Bandierai fiorentini. Il corteo prosegue per via Calzaiuoli fino a raggiungere piazza del Duomo, dove i Magi presentano le offerte a Gesù Bambino nel Presepe vivente allestito sul sagrato di S. Maria del Fiore. Dopo la lettura di un passo del Vangelo di Matteo (2, 1-12) e i saluti dell’Arcivescovo di Firenze e del Presidente dell’Opera, si svolge la festa dei bambini della Diocesi.